Ogni Carnevale ha le proprie peculiarità, sia per tradizione o per pura rappresentazione scenica, che ne variano pertanto la proposizione. Il Carnevale aveva inizio dal 6 gennaio, giornata dell’Epifania, da noi conosciuta come “LI Tre Re” o “Pasca Nunzia” e piano piano proseguiva fino a raggiungere il culmine del Martedì Grasso, con una coda nella domenica di “Carrascialoni” (carnevalone) con lo “Sciacciapignatta” (la pentolaccia).
La triade: trasgressione, divertimento e irriverenza ha sempre avuto una costante nell’inconscio dei Tempiesi, “si ridi a Carrasciali, si piegni in Caresimali” – si ride a Carnevale, si piange in Quaresima; una filosofia alquanto spiccia che denota allo stesso modo un certo realismo: godereccio in quel preciso momento ma riflessivo e computo subito dopo, quando richiesto dalle circostanze.
Durante il Carnevale viene fuori, per così dire tutto quello spirito contagioso e goliardico dei tempiesi, a volte represso durante il resto dell’anno, che si profonde e trasmette senza orpelli e troppe inibizioni. Sembra di essere sotto anestesia, quando viene fuori un sentimento dell’io più recondito, “semel in anno licet insanire” – una volta a l’anno è lecito impazzire, verrebbe la voglia di affermare che questo motto ne diventi obbligatoriamente un giusto avvallo.
di G. Sotgiu